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Poste Italiane: 40 mld di risparmi investiti ad alto rischio, all’insaputa dei clienti

L’ex amministratore delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi, congedato con una corposa buonuscita: quattro annualità di stipendio da direttore generale “a titolo di incentivo
all’esodo per la consensuale risoluzione del rapporto di lavoro” e una annualità di compenso fisso e variabile da ad, “per il mancato rinnovo del rapporto di amministrazione”, rilasciò la seguente dichiarazione: ”Come Poste italiane da sempre ci siamo impegnati nella raccolta del risparmio con libretti e buoni fruttiferi. Il denaro versato sui conti corrente, 40 miliardi, è investito tutto in titoli di Stato”.





La dichiarazione fu resa per sottolineare la ”forma virtuosa” del ”contributo che gli italiani stanno dando al Paese”. Poste Italiane è una società controllata, ancora per poco al 60% da  Cassa Depositi e Prestiti, fino a qualche decennio fa fornitrice di puri servizi ad oggi divisa in due tronconi, uno che garantisce il servizio postale ed un secondo orientato sul business finanziario. Da parecchio tempo, abbiamo tutti capito come il management di Poste Italiane, abbia puntato tutto sulla gestione finanziaria a dispetto dell’originale servizio prestato ai cittadini. Poste Italiane ha affiancato, nel tempo, ai prodotti tradizionali quali appunto i Libretti Postali, conti correnti, ed i Buoni postali Fruttiferi, un’ampia gamma di prodotti, quali obbligazioni strutturate, Assicurazioni, fondi, compra vendita azionaria.



La stranezza, non è tanto che le Fondazioni bancarie detengano il 30% di CDP, ma il loro dimostrarsi contrarie a trasformare Bancoposta in una vera banca, quando ciò era possibile, prima dell’ingresso nell’Euro, perché Poste Spa con gli oltre 13.000 sportelli sul territorio gli avrebbe complicato la vita. Ora, dopo la prima parziale privatizzazione, CDP ha il 60% del capitale, ma è già annunciata per quest’anno una ulteriore vendita del 25%, per cui CDP scenderà al 40% del capitale. a questo punto chi potrà garantire i depositi, i Buoni fruttiferi ed  altro di Bancoposta?



Anch’essa si è dotata di conti correnti sviluppando piattaforme on-line ecc ecc. Tutto questo, a differenza degli istituti di credito privato, è stato fatto con il denaro dei contribuenti e senza problemi di eccessiva concorrenza, visto che nel suo originario business mantiene il monopolio.  Poste Italiane ha arbitrariamente e senza nessun preavviso deciso di investire il denaro dei conti correnti e dei buoni postali, in Titoli di Stato Italiani. Questo se poteva essere giustificato, in tempi passati, quando non esisteva una crisi del debito sovrano, ma continuare a farlo ora va palesemente contro gli interessi e i profili di rischio dei suoi clienti.  Prendiamo due tipici clienti di Poste Italiane.



Correntista con deposito titoli, lascia il proprio denaro in gestione all’azienda, in cambio viene chiamato a pagare costi per bolli statali, più spese di gestione inerenti i propri rapporti; in cambio riceve un interesse pari a zero o giù di lì. Inoltre a livello di titoli proposti dall’azienda. Poste Italiane da anni offre ai propri clienti vere e proprie “bufale”: Obbligazioni strutturate legate a panieri di indici azionari se non ad azioni vere e proprie. Tali emissioni vengono pianificate a tavolino a seconda dell’esigenza della società emittente e non cercando di tempificare l’ acquisto da parte del cliente in un momento favorevole, ossia quando il paniere di titoli sottostanti risultano a buon mercato.



Questo tipo di “consulenza nebulosa” è dovuto al fatto che l’ azienda viene pagata dall’emittente per “piazzare” il titolo facendo leva sull’opera di convincimento dei propri consulenti. Polizze assicurative, gamma ampia, a cui seguono costi di sottoscrizione e di gestione totalmente fuori mercato, rispetto a prodotti sottoscrivibili presso qualsiasi sportello privato. Fondi, chi li ha avuti sa di cosa stiamo parlando. “Fondo Immobiliare Obelisco”, un calvario per i sottoscrittori, con punte di perdita che superano persino l’80%, senza nessuna possibilità di smobilizzo se non cercare di rivenderlo all’emittente, addirittura impossibilitati a conoscerne la data definitiva di fine vita.



Seconda tipologia di cliente, quello più tradizionale fornito di libretto postale e possessore di Buoni fruttiferi postali. In questo caso, non vi sono spese di gestione ne imposte di bollo come per i buoni postali fruttiferi tradizionali, che  remunerano il risparmiatore con un tasso di interesse a crescere nel corso degli anni.  La tassazione per questo strumento finanziario è al 12,5%, alla stregua di un qualsiasi Titolo di Stato (uno strano caso di conflitto di interesse).



Il buono fruttifero postale ordinario non dà cedole, gli interessi maturati vengono corrisposti esclusivamente al momento del riscatto del buono stesso, sia questo per il totale del valore investito o di una sua parte. Da quanto riportato sopra si evince che al decimo anno di possesso di questo buono fruttifero il risparmiatore non riuscirebbe a coprire neppure il tasso di inflazione, senza mai aver preso nulla per dieci anni! Poste Italiane, con il denaro dei correntisti, dei possessori di libretti postali, di sottoscrittori di Buoni Fruttiferi, compra Titoli di Stato Italiani.



Per cui “garantisce” la sicurezza, dell’investimento fatto nei suoi prodotti, comprando prodotti con un rischio attuale “elevato”, ma senza sentirsi in dovere di avvisare il risparmiatore. Evita di prestare servizio di consulenza, non proponendo alla propria clientela l’ acquisto diretto di Titoli di Stato, in modo da portarli a sottoscrivere un buono fruttifero (più sicuro) o a lasciare il denaro liquido. A questo punto, pagherà ai correntisti interessi praticamente nulli, ma li subisserà con tasse e costi di gestione.. Avete presente cosa succederebbe, se tutti i risparmiatori ritirassero il denaro che hanno depositato presso Poste Italiane? Con la minus valenza su quei 40 miliardi, dove andrebbero a prendere il denaro?

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